Onorevoli Colleghi! - Il progressivo abbandono di una parte significativa della rete ferroviaria nazionale - le cosiddette «ferrovie minori», quelle che la sempre più diffusa motorizzazione di massa ha reso meno convenienti sotto il profilo economico - apre prospettive molto affascinanti per quanto concerne una loro diversa utilizzazione, che ne mantenga lo spirito di «collegamento» tra luoghi, facendo però ben attenzione a integrare gli eventuali progetti di riutilizzazione nel modo più corretto sotto il profilo ambientale.
      L'idea di utilizzare corridoi di collegamento «già pronti» per una «mobilità dolce» è davvero invitante, perché non sarebbe altrimenti immaginabile l'ipotesi di realizzare un percorso verde (ciclabile, pedonale o percorribile a cavallo) là dove manchi un itinerario che storicamente svolgeva una funzione di comunicazione. Sarebbe un'operazione costosissima e realizzabile in tempi biblici.
      Al di là dell'intervento sul piano normativo - ed è quanto si prefigge la presente proposta di legge - la battaglia più importante da condurre è quella sul piano culturale. Tutti noi pensiamo che beni come il Colosseo o il Circo Massimo debbano essere tutelati, non solo in quanto monumenti, ma in quanto luoghi, in quanto espressione fisica di eventi storici di grande importanza per la nostra cultura e la nostra società. Noi pensiamo che sia giusto salvaguardali e valorizzarli a prescindere dalla norma che lo prevede e da chi ne detiene la proprietà (cosa che avviene in molti edifici storici appartenenti a privati, ma sui quali insistono vincoli di tutela). Analoghe considerazioni possono essere fatte per tutti quei non-luoghi di collegamento che sono gli itinerari della nostra storia, dalle vie di pellegrinaggio

 

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(difficilmente, se non in parte, recuperabili, perché hanno subìto una progressiva modificazione nel corso dei secoli), dai tratturi che venivano percorsi dai pastori e dai loro armenti, per poter cambiare altitudine e latitudine in modo da disporre di sufficiente foraggio in funzione dell'alternanza delle stagioni, fino alle tratte ferroviarie dismesse, anche esse ricche di storia e che sono state lo scenario di importanti cambiamenti sociali del nostro Paese.
      La normativa in materia di ferrovie e sedimi è piuttosto confusa e, se in passato era stato stabilito in modo abbastanza chiaro che gli assi di collegamento avevano la precedenza su qualunque altra esigenza, norme successive hanno cercato di tenere conto della possibilità (che all'inizio non era praticamente presa in considerazione) di dismissione di alcuni tratti ferroviari. E per molto tempo la presenza delle aree di sedime abbandonate era vista più come un problema che come una risorsa (anche perché l'abbandono e il degrado viaggiano evidentemente di pari passo).
      La strada da seguire è - come spesso capita - proprio la più breve. Non occorre quindi seguire il tortuoso percorso delle norme che regolano (con fattispecie differenti per le ferrovie statali e per quelle in concessione) la dismissione delle linee ferroviarie, ma stabilire un principio di tutela che valga per l'intera rete ferroviaria in dismissione o già dismessa.
      L'obiettivo diventa quindi quello di inserire tra i beni culturali del nostro Paese anche le linee ferroviarie dismesse, in quanto espressione di una storia, di una cultura e di una tradizione, in parte perdute e delle quali possono rappresentare la memoria. E non sarebbe una «imposizione» incomprensibile, ma coglierebbe perfettamente il sentimento diffuso di simpatia nei confronti delle vecchie linee ferroviarie. Senza dimenticare che, qualora eventuali mutamenti nel tessuto sociale ed economico di quella determinata area ne giustifichino l'ipotesi, sarebbe molto più agevole il ripristino della linea ferroviaria, proprio grazie al vincolo che ha permesso di salvaguardare il corridoio di collegamento. Questa è una considerazione da non sottovalutare perché è senz'altro allettante la presenza di percorsi ciclabili o pedonali protetti al posto delle vecchie ferrovie o tramvie, ma la priorità deve essere sempre e comunque quella della mobilità sostenibile e, se si registra una consistente domanda di mobilità nel tratto della ex ferrovia, va studiata la fattibilità di un ripristino del trasporto su ferro.
      La proposta di legge si prefigge, in particolare, i seguenti obiettivi:

          1) prevedere il principio di tutela della rete ferroviaria dismessa e degli immobili di particolare pregio (si pensi alle vecchie stazioni ferroviarie, che potrebbero essere utilmente riqualificate e adibite a luoghi di sosta e di ristoro);

          2) monitorare e mappare la rete delle ferrovie e delle tramvie dismesse e verificare la fattibilità di una loro conversione alla mobilità dolce;

          3) modificare il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»;

          4) inserire anche i tratturi tra i beni da tutelare (cosa peraltro già prevista dalla legge regionale del Molise 11 aprile 1997, n. 9).

 

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